martedì 7 aprile 2009

A passo di Kuhn superando il Medioevo

Se apertura mentale significa vedere giovani divertirsi alla follia ballando il jazz swing anni '20 in un freddo lunedì sera di marzo – e non stupirsi nemmeno un po' – allora io non ne sono proprio il simbolo...

Eppure è così. La Svezia ha questo dono. Quando pensi di essere entrato in meccanismi di routine normali, alla fine riconducibili – fatte salve le dovute "frange" che ogni cultura porta con sé – alla tua esperienza di vita, salta fuori un qualcosa di inconcepibile, almeno ai tuoi occhi.
Qui, infatti, il ballo da "balera" non è un'attività riservata ad arzille coppiette sulla settantina, ma un divertissement praticato volentieri da giovani, alcuni dei quali anche molto alternativi.
Tutto ciò mi fa riflettere in due modi. Il primo, in un moto da antropologia dell'accoglienza a me di solito sconosciuto, riporta alla mia mente la teoria dei paradigmi di Kuhn (anche se c'entra solo relativamente). Il secondo, che fa capo a una mia parte molto più prosaica e che di Kuhn se ne sbatte altamente, mi fa pensare: "certo che indefinibile tristezza...".

Probabilmente – come sempre – in medio stat virtus. Che mi rendo conto essere una citazione "a doppio taglio", semanticamente indirizzata verso la tolleranza, ma che lessicalmente tradisce la mia reale partigianeria culturale. :)

Forse però, al di là di tutti i contraddittori interiori che uno può gestire quando si trova di fronte all'"anomalia", vale la pena fare anche una riflessione più oggettiva.
Quello che ho sempre notato all'estero è una minore "formalità" nelle cose rispetto a quanto avviene nel nostro Paese, in cui tutti siamo i creativi della nostra realtà, ma pretendiamo che gli altri, con seriosità ingessata, si attengano a norme di comportamento antiquate.
A mio avviso l'Italia si basa ancora su un concetto feudatario di rispetto, per cui ogni azione fuori dal consueto è una fellonia da deridere. È difficile che da noi le cose si prendano con leggerezza. Cioè che il ballo resti un ballo, che il karaoke resti un karaoke e un tatuaggio un tatuaggio, senza che questo per forza implichi un giudizio sul carattere della persona che balla, che canta o che si tatua. Il risultato è che spesso siamo molto seriosi, attenti a giudicare (e quindi a non essere giudicati) e perciò molto stressati.
Ci farebbe forse bene riportare il divertimento alla sua natura essenziale, per non cadere nel nervosismo da competizione e, non ultimo, in un provincialismo coi paraocchi, che ci porta a bollare come "idiota" tutto ciò in cui non ci riconosciamo, senza una dovuta analisi critica.
Un provincialismo che poi ci impone, per essere "alla moda" e accettati nel gruppetto di periferia, di pagare 120 euro un paio di jeans che negli USA vendono, scevri da status symbol vari, a 15 dollari.

Sono sicuro che molti altri che hanno avuto esperienze all'estero, anche brevi, avranno avuto modo di notare questo aspetto.

7 commenti:

  1. Concordo in pieno.

    Sto imparando da poco a liberarmi di questa "abitudine culturale" di dare giudizi in base a ciò che vedo.
    Il metodo migliore è quello di aspettare, prima di dare un giudizio, e di giudicare le azioni, piuttosto che l'aspetto.

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  2. La formalità italiana va spesso a braccetto con l'ipocrisia.
    Forse è un male comune, ma da noi è molto sentita la necessità di mostrarsi appartenenti a una data tribù, esibendo colori di guerra e parlando gerghi in codice e marcando il territorio.
    Antropologicamente, non siamo diversi dagli animali.
    Ma questo lo sapete già.
    Le tribù svedesi sono significativamente diverse dalle nostre, e invidio la tua posizione di osservatore in prima fila. ;)

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  3. La vera tristezza è l'omologazione.
    E da noi è la legge, se non vuoi finire emarginato socialmente.
    Ma tu che hai fatto, hai ballato? ;_)

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  4. Io sono negato completamente per il ballo, perché non sento il tempo musicale. Inoltre bisogna aggiungere che la mia "italianità" purtroppo mi creava della diffidenza (ad esempio due nostri amici, lui francese e lei polacca, si sono scatenati). Ma di fondo c'è proprio che il ballo non fa per me, di fronte a un karaoke forse non avrei resistito :)

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  5. Vado matta per le balere :)
    Ci ho festeggiato un compleanno bellissimo un po' d'anni fa!
    Balera "Marilyn"... spettacolare!
    Ma da brava Lady No, DETESTO i balli di gruppo.
    Viva foxtrot, swing, valzer e saltarello :D

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  6. Eheh verità!
    Me ne sono reso conto quando arrivai a Londra, qui forse è proprio l'estremo di tutto!

    Party Gitani e SkinHeads, Boggie Boggie e Disco anni 80, Metal e Reggae!

    È all'ordine del giorno incontrare qualcuno vestito anni 40 o con acconciature tali di quegli'anni, se ciò accade a Trapani probabilmente il tizio/a potrebbe essere già ricoverato.

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